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La casa e i suoi fantasmi: come la casa nel cinema horror riflette le nostre paure e il bisogno di riscoprire il vero significato dell’abitare.

Quando l’orrore abita lo spazio domestico

La casa è da sempre uno dei simboli più potenti dell’immaginario collettivo: rifugio e protezione, ma anche luogo del mistero, del controllo e dell’inquietudine. Nell’horror contemporaneo, più che nei manieri gotici del passato, l’incubo nasce tra le pareti della quotidianità: appartamenti ordinari, villette di periferia, ambienti familiari che si trasformano in teatri di paura.

Questo spostamento non è solo estetico. Dai castelli di Poe e Shirley Jackson alle camere da letto di Paranormal Activity, la casa è diventata un’estensione della mente umana. Freud la definiva unheimlich — il perturbante: ciò che è intimo ma improvvisamente estraneo. Gli spazi che dovrebbero proteggerci si ribellano, gli oggetti prendono vita, le pareti sussurrano ciò che abbiamo tentato di nascondere.

Paranormal Activity (2007, Oren Peli)

Con il successo di Paranormal Activity (2007), Jason Blum e la sua Blumhouse Productions hanno trasformato questa intuizione in linguaggio cinematografico: girare in interni comuni, con budget minimi e tensione psicologica crescente. Da Insidious a Get Out, da Sinister a The Babadook, l’orrore non vive più nel castello, ma nella casa di tutti i giorni.
Gli scantinati diventano simbolo dell’inconscio, le soffitte custodiscono i ricordi, la cucina rappresenta l’istinto, il salotto la facciata sociale. L’abitare stesso diventa narrazione: il luogo della sicurezza diventa scenario della paura.

Ma la casa è anche una lente per leggere la società. Le sue mura raccontano il desiderio di controllo, la fragilità delle certezze, la paura dell’invasione e dell’altro. In questo senso, gli horror domestici sono metafore del presente: l’incertezza economica, le disuguaglianze abitative, la chiusura individuale di chi vive il mondo come una minaccia.

Durante la pandemia del 2020, queste paure si sono fatte reali: il rifugio è diventato prigione, la casa specchio delle nostre ansie.

The Babadook (2014, Jennifer Kent)

Eppure, abitare non dovrebbe significare chiudersi, ma aprirsi. La casa non è solo possesso o protezione, ma spazio di relazione. Come ricordano le filosofe bell hooks e Silvia Federici, il vero valore dell’abitare sta nella capacità di trasformare lo spazio domestico in luogo di consapevolezza, scambio e cura.

Le case dei film horror ci ricordano, in fondo, quanto sia fragile il confine tra comfort e inquietudine. Ci invitano a guardare gli ambienti che abitiamo con occhi diversi — a capire che le pareti non ci separano dal mondo, ma lo riflettono.

Abitare consapevolmente

In Comettiabitare, crediamo che la casa debba essere espressione di equilibrio e benessere, non di paura o chiusura.
Progettiamo e realizziamo ambienti che rispondono ai bisogni reali di chi li vive: spazi in cui architettura, luce e materia dialogano per creare armonia.

Perché la tua casa non deve mai diventare un luogo da brivido.
Scopri come qui: https://www.comettiabitare.it/la-passione-che-ci-ispira/